domenica 26 luglio 2015

La legge non scritta dei libri

"e vissero tutti felici e contenti"

Questo è il finale del 99,9% dei libri di ieri, d'oggi e di domani. Tutto deve finire bene, tutto deve finire per il meglio. Il cattivo deve morire, il buono deve vincere, e la donzella deve essere salvata. Il mondo dei libri è nato con questa "legge non scritta", che impedisce di far terminare una storia in modo tragico, perché il bene deve sempre vincere, sempre.



Ma, come ben sappiamo, la vita è diversa dalle pagine di un libro. La vita non ammette il lieto fine, non ammette la redenzione del peccatore o il perdono della persona amata. La vita non ammette la vittoria del bene.

Per questo i libri sono la via di scappatoia, la via per immaginare una vita che abbia la famosa "legge non scritta", una vita che possa essere auto-conclusiva, che possa finire nel modo migliore senza affossarci nel male, nel mondo dell'auto commiserazione, dell'odio e dell'ira. I libri, quindi sono la cura, la cura dal male.



Ma, quest'aura di fantasia, che ci porta a chiederci sempre nell'impossibilità della realizzazione della storia raccontata da questo o quell'altro autore, ci porta a diffidare di queste vite scritte, magari allontanandoci da esse. A questo punto la domanda sorge spontanea:

Perché devo leggere un libro di trecento o quattrocento pagine se so già come finisce?

La risposta è semplice: perché non lo sai veramente.

Un libro nasconde milioni di sorprese, così come la vita ed è illeggibile dalla copertina. Diffidate da quelli che giudicano i libri da essa perché essi fanno lo stesso con le persone.

Un libro è come una persona: l'aspetto non giudica il contenuto, e dentro di esso si trova una vita.

Comunque c'è un libro che è andato controtendenza e ha modificato la "legge non scritta" sintetizzandola da "e vissero felici e contenti" a "e vissero(forse)".
Questo libro non è altro che( a parere personale) la migliore storia di un uomo, di un semplice uomo.



Questo libro è 1984.


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