L'ultimo
baluardo di umanità, l'ultima speranza della coscienza umana o, come
avrebbe voluto chiamare il romanzo Orwell, l'ultimo uomo d'Europa.
Winston
Smith incarna ogni individuo con la sua voglia di lottare, di
ribellarsi di capire ciò che lo circonda e agire di conseguenza.
Il
romanzo si apre con un uomo ormai stanco del suo mondo. Un uomo
stanco della Rivoluzione, delle regole e del controllo. Un uomo che
vuole essere libero.
Questo
uomo trova sollievo scrivendo il suo diario; atto comune ai giorni
nostri ma che ci viene mostrato come illegale o quasi.
Quasi
perché il Socing non ha leggi scritte, ma solo consigli su cosa è
meglio fare e cosa è meglio non fare.
L'ultimo
uomo d'Europa sfrutta questo diario per creare un briciolo
insignificante di Storia; per trasmettere la sua esperienza ai
posteri anche se lui esiste, o meglio esisterà, come il grande
fratello.
Così
Winston Smith incarna tutti noi, con i nostri difetti e i nostri
pregi, e i nostri atteggiamenti nel caso ci trovassimo in un mondo
simile.
Inoltre
la sua intelligenza e il suo spirito d'osservazione, unita al suo
fregarsene dell'ideologia del Socing lo fa una specie di alter-ego di
Orwell stesso.
Infatti,
questo romanzo è scritto dall'autore durante un periodo di profonda
realizzazione ideologica cioè dopo le vicissitudini patite durante
la guerra civile in Spagna.
Questo
episodio si più definire il più importante nella storia di Orwell
che lo porterà, anni dopo, a scrivere i suoi due più grandi
successi “La fattoria degli animali” e “1984”: vere e proprie
critiche contro il totalitarismo, in particolare, contro lo
Stalinismo.
Sì,
perché durante quel momento Orwell si rende conto della decadenza
dell'utopia comunista in distopia.
E
come Orwell anche Smith capisce lo stesso del suo mondo, e cerca di
ribellarsene finendo per morire. Anzi, finendo per sparire; finendo
per non essere mai nato.
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