lunedì 27 aprile 2015

Perché V è entrato nell'immaginario collettivo come simbolo di ribellione?

Perché V è entrato nell'immaginario collettivo come simbolo di ribellione?
Fermo restando che, come abbiamo visto in precedenza, il simbolo di V sia diventato parte della cultura moderna solo dopo il film del 2005, analizzeremo, più o meno, tutte le caratteristiche che rendono il personaggio tipicamente come un'eroe negativo, un po' alla Batman se vogliamo essere sintetici.
Innanzitutto V non ha volto e ha una storia sconosciuta. O meglio, sappiamo come è diventato così ma non sappiamo chi era prima de diventare così. Chi era prima di entrare nel manicomio/campo di concentramento. E questo fa immedesimare chiunque in quella figura mistica di quell'uomo che si dimostra essere il più “normale” tra gli antieroi conosciuti siccome è, anzi era, un comune cittadino, forse povero forse ricco, che, grazie a un codice genetico, è resistito alle torture e si è trasformato in una macchina per vendicarsi.




Anche il fine ultimo del protagonista ci porta ad immedesimarci in esso. All'inizio veniamo a sapere che l'unico obiettivo dell'eroe, l'obiettivo che si nasconde sotto quello dell'uguaglianza e della libertà, è il meno nobile della natura umana: la vendetta. E questa caratteristica intrinseca del personaggio riesce a farci dire – chiunque di noi può essere V!-
Un altro elemento che caratterizza V è il suo parlato e le sue continue citazioni di artisti e scrittori famosi, specialmente inglesi, che immerge il tutto in un'atmosfera quasi onirica fondendo la “realtà” con l'irrealtà; perché nessuno riuscirebbe mai a parlare così bene e in modo così “giusto”. Tutto ciò a un tono autoritario, saggio e mistico a V stesso.

Tutto questo, aggiunto al messaggio complessivo della ribellione a alle citazioni famose sulla libertà eccetera, hanno elevato V, e la sua maschera, a simbolo di ribellione, simbolo accentuato dall'adozione da parte del gruppo di hacker Anonymous e dai gruppi rivoluzionari e di protesta, soprattutto studentesche.

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